Siracusa è una città di mare e Ortigia, il suo centro storico, è un’isoletta ricca di fonti e falde freatiche. L’acqua rappresenta dunque uno degli elementi caratterizzanti della città ed è per questo che mi è venuto in mente di creare questo itinerario che ha per tema proprio l’acqua del sottosuolo ortigiano.

Siracusa, i labirinti d’acqua dell’isola di Ortigia

Sebbene questo itinerario vada bene per tutti, adulti e famiglie con bambini, in realtà regala ai residenti la possibilità di fare i turisti per un giorno e di riscoprire i labirinti d’acqua che contraddistinguono il sottosuolo dell’isola di Ortigia.

L’itinerario è semplice ed è della durata di un paio d’ore al massimo. Si parte da Piazza Duomo, si passa per la Fonte Aretusa e il Museo Bellomo, e si conclude alla Giudecca, il quartiere ebraico di Siracusa.

L’acqua ha condizionato da sempre la vita degli uomini sin dalla preistoria. Dalla presenza o meno dell’acqua è infatti dipesa la nascita di nuovi insediamenti, le localizzazioni produttive, le vie di comunicazione, i traffici e persino le rotte commerciali. Fino all’avvento della società industriale e moderna l’uomo si è inserito nel ciclo naturale dell’ambiente senza perturbarne i ritmi e garantendone l’integrità ed è proprio con questa finalità che nascono le cisterne sotto Piazza Duomo. Serbatoi d’acqua creati dai vescovi siracusani per far si che l’isola non avesse mai problemi di approvvigionamento idrico.

La fonte Aretusa

Ma una delle risorse idriche più importanti della città di Siracusa è sempre stata la fonte Aretusa. Descritta nell’antichità da autori quali Pausania e Virgilio e da poeti più vicini a noi come Gabriele D’Annunzio o Salvatore Quasimodo, la fonte Aretusa è uno dei luoghi più cari ai siracusani.

L’emiciclo della fonte Aretusa venne realizzato nel 1862, epoca in cui si tagliarono anche gli archi naturali della roccia e parte degli orifizi delle varie sorgive esistenti. Due dei canali suddetti sono naturali e uno di essi serve per congiungere le acque di Aretusa con le vasche sotterranee. Il fondo dei canali e dell’emiciclo è roccioso ed è fondamentalmente diviso in due livelli. Il primo livello è più depresso di quello marino di circa 40 cm, mentre quello dei canali varia da 10 a 15 cm.

Oggi il livello dell’acqua della fonte Aretusa tende ad abbassarsi aumentando così irreversibilmente la sua salinità.

Percorrendo il Lungomare Alfeo e la Via Maniace si trovavano almeno tre canali sotterranei incavati nella roccia e adibiti alla concia delle pelli. Essi vennero indagati scientificamente per la prima volta da Francesco Saverio Cavallari negli anni 1880-1881. Queste concerie furono anche adibite a lavatoi nei quali l’acqua confluiva naturalmente e poi arrivava in mare mediante altri cunicoli.

Il museo Bellomo

La penultima tappa della nostra passeggiata è il Museo Civico della città di Siracusa: il Museo Bellomo. Qui ci soffermeremo dapprima nel cortile per osservare una particolare lastra tombale e poi andremo all’interno del museo ad ammirare un’antica icona di cultura bizantina. Essa raffigura la creazione delle acque così come ci viene raccontata nella Genesi.

Per quanto riguarda la pietra tombale, essa è rettangolare e in pietra calcarea. Nella parte frontale  presenta un’iscrizione in ebraico nella quale si evince che il defunto era il cantore Rabbi Sa’adia, figlio dell’anziano Rabbi Yosef, morto nel 1436. Questa lastra si lega ancora una volta all’acqua perché proviene con tutta probabilità dall’antico cimitero ebraico siracusano. Essa fu rinvenuta insieme ad altre dodici lastre durante l’abbattimento dei baluardi edificati a Siracusa nella prima metà del 1500, nel luogo esatto in cui Ortigia era collegata alla terraferma. Di queste dodici lastre, tre sono attualmente poste nel cortile di Palazzo Bellomo, tre risultano scomparse e le rimanenti sono collocate lungo il vialetto d’ingresso della catacomba di Vigna Cassia.

L’icona bizantina fa parte invece di una serie tavolette realizzate nel XVI secolo e pertinenti alla creazione del mondo, di cui tuttavia mancano il secondo e il settimo giorno. La nostra icona raffigura il momento della creazione dell’acqua così come ce la descrive la Genesi al capito 1, paragrafo 9: “le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto”.

L’autorevolezza e il movimento di Dio Padre, raffigurato in sembianze umane poiché ha voluto farsi uomo, danno intensità alla scena. Il paesaggio, la luce e il giardino dell’Eden ci ricordano l’armonia in cui l’uomo vivrà con la natura.

La Giudecca

La storia delle religioni concorda nel considerare l’acqua come un elemento primordiale e di primo piano nell’ambito della  vita e della fecondità. Grazie all’acqua è infatti possibile dar vita a tutto ciò che diviene indispensabile al vivere umano. L’acqua per gli ebrei ad esempio è via di liberazione e di purificazione. E su questa scia arriviamo all’ultima tappa della nostra esplorazione ovvero alla Giudecca. Nell’area della piazzetta di San Filippo Apostolo, proprio sotto l’edificio chiesastico, troviamo una  cripta affrescata con immagini della Via Crucis e “scheletri danzanti”, al livello inferiore una serie di cunicoli e infine una scala elicoidale che si congiunge ad una vasca. Questo terzo livello è stato recentemente interpretato come miqweh cioè come luogo di purificazione per il culto ebraico.

Un altro miqweh si trova a Casa Bianca, fruibile grazie alla proprietaria Amalia Daniele. Anche questo è un ipogeo ma stavolta collocato a circa 10 m di profondità rispetto al piano di calpestio. Qui troviamo un grande ambiente sotterraneo distribuito in tre vani con vasche per l’immersione rituale. La caratteristica di questi bagni rituali era la presenza di fonti d’acqua fresche e come abbiamo visto Ortigia ne è stata sempre piena.

Pindaro e Siracusa

Il nostro viaggio nei labirinti d’acqua di Ortigia termina alla Giudecca ma prima di salutarvi voglio lasciarvi con una chicca letteraria che ancora una volta lega l’acqua alla città di Siracusa.

Pindaro, poeta greco che visse a cavallo del V secolo a.C., ci ricorda che l’acqua è il bene più prezioso e lo fa nientepopodimeno che in un’ode scritta in onore del re Ierone di Siracusa.

Pindaro compose infatti diverse odi, chiamate Olimpiche, per celebrare i vincitori dei giochi atletici in onore di Zeus a Olimpia cioè le Olimpiadi. La prima ode è dedicata per l’appunto a Ierone I, vincitore nella gara con il cavallo ferenico.

Ierone vinse ad Olimpia ben tre volte nel 476, nel 472 e nel 468  a.C. L’analisi del testo, la mancata citazione di antecedenti vittorie olimpiche o dei due fatti più gloriosi del regno di Ierone, la fondazione di Etna (476 a.C.) e la battaglia di Cuma (474 a.C.), ha fatto pensare agli studiosi che la prima ode sia stata scritta per celebrare la vittoria del 476 a.C. A questo periodo risale inoltre la presenza alla corte di Ierone di Pindaro e dei più illustri personaggi del modo greco dell’epoca come Epicarmo, Formide, Simonide, Bacchilide ed Eschilo.

Ecco lo schema dell’ode: come l’acqua è il primo degli elementi e l’oro la più preziosa delle ricchezze, così il più celebre degli agoni è quello d’Olimpia. E proprio nella reggia di Ierone, re di Siracusa, che vinse col cavallo Ferenico ad Olimpia, i poeti cantano inni a Zeus.

A questo punto vi invito a tenere d’occhio la mia pagina facebook perché finita la quarantena questo sarà il primo evento che pubblicherò. Vi aspetto numerosi!

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